Castello di Melfi

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L’origine del castello di Melfi risale alla fine XI secolo ad opera dei normanni, sorto in posizione strategica che funge da punto di passaggio tra Campania e Puglia. Il suo collocamento era indispensabile per difendersi dagli attacchi esterni e come rifugio per gli alleati. La struttura fu luogo di avvenimenti “storici” durante l’era normanna.

A Melfi, capitale della Contea di Puglia, si tennero cinque concili ecumenici, organizzati da cinque diversi Pontefici tra il 1059 e il 1137. Nell’estate del 1059, Papa Niccolò II soggiornò nella rocca fortificata e fu al centro di importanti avvenimenti: in giugno stipulò il Trattato di Melfi, poi, dal 3 agosto al 25 agosto celebrò il Concilio di Melfi I ed infine con il Concordato di Melfi riconobbe i possedimenti conquistati dai Normanni. Il Papa nominò Roberto il Guiscardo duca di Puglia e Calabria. La città di Melfi, passava un periodo fulgido della storia: in tale circostanza fu promossa a Capitale del Ducato di Puglia e Calabria. Roberto il Guiscardo, per sposare Sichelgaita di Salerno vi mandò in esilio la prima moglie Alberada di Buonalbergo.

Nel castello di Melfi furono organizzati altri Sinodi: il papa Alessandro II dal primo agosto 1067 presiedette il Concilio di Melfi II; ricevette il Principe longobardo di Salerno, Gisulfo II, ed i fratelli Roberto il Guiscardo e Ruggero I di Sicilia. Nel corso del Concilio di Melfi III, nel 1089, il papa Urbano II indisse la Prima crociata in Terra Santa, poi Pasquale II nel 1101 convocò il Concilio di Melfi IV ed infine Papa Innocenzo II nel 1137 celebrò il Concilio di Melfi V, ultimo della serie. Vi fu anche nel 1130 un Concilio di Melfi non riconosciuto dalla Chiesa, perché organizzato dall’Antipapa Anacleto II, che istituì il Regno di Sicilia.

Il periodo Svevo

Con la venuta degli svevi, Federico II diede grande importanza al castello di Melfi e ne apportò alcuni restauri. Nel 1231, il maniero fu il luogo di promulgazione delle Costituzioni di Melfi, codice legislativo del Regno di Sicilia, alla cui stesura parteciparono Federico II assieme a persone come il suo notaio Pier della Vigna ed il filosofo e matematico Michele Scoto. La struttura fu anche deposito delle tasse riscosse in Basilicata e prigione, ove tra i vari detenuti ci fu anche il saraceno Othmàn ibn Affàn di Lucera, uscito in seguito dietro il pagamento di 50 once d’oro. Nel 1232, Federico II ospitò al castello il marchese di Monferrato e la nipote Bianca Lancia, che divenne sua moglie e da cui ebbe il figlio Manfredi. Nel 1241, il sovrano svevo rinchiuse nell’edificio due cardinali e vari vescovi francesi e tedeschi, che avrebbero dovuto far parte di un concilio papale che prevedeva la sua destituzione.

Il periodo Angioino e periodi successivi

Con la decaduta degli svevi e l’arrivo dei nuovi dominatori angioini, il castello di Melfi subì massicci ampliamenti e restaurazioni, oltre ad essere eletto da Carlo II d’Angiò residenza ufficiale di sua moglie Maria d’Ungheria nel 1284. Fu ancora soggetto a modifiche nel cinquecento sotto il governo aragonese e divenne proprietà prima degli Acciaiuoli, poi dei Marzano, dei Caracciolo ed infine dei Doria, il quale appartenne al loro casato fino al 1950. Il castello dovette subire due violenti terremoti nel 1851 e nel 1930 ma, a differenza di altri monumenti di Melfi che furono gravemente danneggiati, il castello ne uscì quasi incolume. Al giorno d’oggi, l’edificio ospita il Museo archeologico nazionale del Melfese, inaugurato nel 1976.